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• l’arte bianca e la gens grania

Gli abitanti di Gragnano avevano da sempre dimestichezza a lavorare la farina e a farne un’attività economica: lo testimoniano gli scavi archeologici con i ritrovamenti di grandi forni (come quello di via Carmiano), i pani ritrovati fossilizzati dopo l’eruzione del Vesuvio del 79 d.C. a Pompei ed Ercolano e marchiati con la lettera G della Gens Grania, la famiglia romana che diede il nome all’attuale territorio di Gragnano. Nella zona di Varano furono poi ritrovati degli stampi per la farina, del tipo di quelli scolpiti nella tomba etrusca di Cerveteri, tali da far scrivere all’archeologo Michele Ruggiero nel 1881 nel suo “Degli scavi di Stabia”, proprio riguardo al ritrovamento “di stampi e altri strumenti per lavorar paste; la quale industria in altra forma e con diversi modi è largamente continuata ai dì nostri in Gragnano, in grazia come dicono, della special natura dell’acqua e dell’aria che, similmente alla costiera di Amalfi, produce le paste più grate al gusto e meglio di quanto se ne fabbricano altrove”.

Furono gli amalfitani, data l’appartenenza di Gragnano alla Repubblica marinara dall’IX al XII sec., a creare le premesse dell’attività pastaia, prima fornendo la tecnologia, diremmo oggi, dell’arte molitoria, attiva per secoli nella Valle dei Mulini di Gragnano, e poi quella di fabbricare paste, a sua volta appresa dagli amalfitani attraverso i loro contatti con gli arabi ed i siciliani.

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